Nell’ analisi valutativa di una problematica odontoiatrica si considerano importanti dei parametri che difficilmente esulano dall’apparato stomatognatico. Se si percorre attentamente un’anamnesi difficilmente si riscontrano domande di carattere generale che indaghino la postura, la vita sanitaria e psicologica della persona.

Eppure questi elementi, combinati insieme, danno come risultato il paziente con le sue problematiche e patologie.

Il grosso lavoro che un operatore in campo sanitario dovrebbe compiere è quello di vedere oltre la patologia e di risalire, nel limite del possibile, alle cause che hanno generato il paziente.

Questo discorso vale meno in caso di una patologia conclamata, organica, ma è valido più che mai nel caso di un paziente funzionale, in cui disfunzioni di mobilità causano dimorfismi che possono nel tempo consolidarsi in veri atteggiamenti posturali.
Inoltre, alterate posture possono generare stati dolorosi che, se non riconosciuti, vengono classicamente curati con farmaci antidolorifici anziché affrontarli risalendo alla causa.

L’orientamento spaziale del corpo, mediato dalle vie neurologiche, è programmato in base alle informazioni posturali che il nostro sistema nervoso riceve dai principali organi di senso (tramite il fascicolo longitudinale mediale abbiamo l’integrazione con le vie visive, le vie vestibolo-cerebellari e vestibolo-spinali) (4) (15), ma anche dalle notizie di allineamento occlusale e posturale ricevute dalla bocca e dai piedi (fibre afferenti sensitive del trigemino, del facciale e sistema propriocettivo generale. connessioni del sistema vestibolare con la muscolatura sottonucale).

Se si ragiona in quest’ottica, il paziente diventa un’ unità funzionale precisa, dove niente è lecito trascurare se si vuole capire il perché di una cervicalgia, piuttosto che di un atteggiamento scoliotico o, perché no, di una malocclusione.

Il filo conduttore per capire la globalità dello studio non settoriale ma funzionale dell’anatomia e della fisiologia, con una chiave di lettura a 360 gradi. Si arriva così a scoprire che la mandibola, per intermediazione delle fasce cervicali, è strettamente interdipendente con il funzionamento della clavicola, o che la mandibola contrae legamenti con lo sfenoide e che quest’ultimo è legato con l’occipite attraverso un’articolazione (sinfisi sfeno-basilare).

Ma l’occipite a sua volta adatta i movimenti della cervicale grazie ad una serie di muscoli nucali; questi muscoli a loro volta si attivano poi come accomodatori dei movimenti oculari.

Per chiudere poi il circolo la regione cervicale trasmette la propria mobilità al tratto dorsale, dove troviamo le costole, direttamente influenzate nel loro movimento dal buon funzionamento della clavicola.

Questo semplice esempio può far capire la grossa interazione anatomica che esiste tra le varie strutture che compongono un’unità funzionale.

Bisogna ricordare poi che il movimento dello scheletro nei suoi diversi aspetti si realizza a livello delle articolazioni dove due o più ossa si congiungono per formare un perno. La disposizione dei muscoli è tale che i loro capi sono attaccati alle parti opposte dell’articolazione la quale funge da fulcro. In genere, dal momento che i singoli muscoli hanno la funzione di tirare e non quella di spingere. sono necessari almeno due muscoli nelle parti opposte all’articolazione, allo scopo di eseguire un movimento completo in entrambe le direzioni. Ne deriva perciò la necessità da parte dei muscoli di fissare una parte dell’articolazione per permettere all’altra di compiere un certo movimento.” (1)

“I muscoli si possono quindi distinguere tra agonisti, antagonisti, sinergisti, fissatori ‘necessari’ e fissatori ‘posturali’. Raramente gli antagonisti anatomici si comportano da antagonisti funzionali: quasi sempre si comportano come sinergisti. Secondo Beevor il ruolo dei sinergisti è quello di stabilizzare una delle articolazioni su cui agisce l’agonista, o di neutralizzare uno dei diversi piani su cui si svolge il movimento (…). Se si vuole muovere un segmento rispetto a quello prossimale, bisogna che quest’ultimo sia a sua volta fissato rispetto a quello ulteriormente prossimale, e così via fino al tronco. Questo sarebbe il ruolo dei fissatori ‘necessari’ perché accompagnano necessariamente la contrazione dell’agonista. Se un movimento comporta la perdita di equilibrio dell’intero sistema corporeo interverranno i fissatori ‘posturali'(…)” (2).

Il controllo della postura e conseguentemente del movimento necessita di una coordinazione costante nel tempo di tutto il sistema muscolare, ruolo rivestito dal sistema nervoso che invia continui segnali di controllo specifici per ciascun muscolo.
Un segnale efferente che controlla la forza muscolare provoca la modificazione della lunghezza del muscolo, che determina lo stato di posizione di una. articolazione” (I).

Partendo da questi concetti di neurofisiologia si è visto come i meccanismi posturali siano in grado di adottare la postura migliore per il soggetto in un preciso contesto, grazie alla integrazione tra sistema sensitivo e sistema motorio (3).

Il susseguirsi degli eventi di adattamento posturale coinvolgono delle catene muscolari ben precise, che possono essere influenzate dall’esterno; per reclutare meglio un deltoide, per esempio, si può chiedere una contrazione massimale del controlaterale; quest’azione “rinforza” la catena muscolare, rendendo il lavoro muscolare più efficace.

Se queste regole valgono per i gruppi muscolari più conosciuti si può prevedere che funzionino anche per muscoli meno conosciuti, come sono quelli della masticazione e della deglutizione.

Il fatto che non si sia ancora arrivati a comprendere esattamente con quali sequenze e con quali tempi vengano reclutati o entrino in azione, non significa che non partecipino anche loro ai meccanismi posturali, comprendendo in questi anche l’equilibrio dell’intero soggetto.

Tale equilibrio è spesso precario quando è presente un disturbo dell’articolazione temporo-mandibolare (5).

A livello del distretto cervico-cranio-mandibolare vi sono innumerevoli muscoli poliarticolari, che possono alternativamente svolgere funzioni di agonisti, fissatori o sinergisti a seconda del movimento svolto.

Si può ipotizzare per esempio che durante il movimento di chiusura della bocca vi siano delle reazioni sinergiche tra massetere, temporale e pterigoidei (esterno ed interno), e che fissa-tori necessari diventino gli pterigoidei esterni che, aumentando la loro contrazione, stabilizzano la temporo-mandibolare, e la fissazione è offerta dai subocipitali ed in parte dagli estensori del rachide posteriormente, e dai muscoli sovraioidei anteriormente.

Una masticazione forzata coinvolgerebbe così anche i flessori del collo che, per necessità di fissazione di tipo “posturale”, recluterà i grossi estensori del tronco, fino poi a chiudere la catena muscolare.

Questo esempio molto semplificato si deve poi estendere a tutti i muscoli che controllano la deglutizione (costrittore della faringe. elevatori del palato) movimento che svolgiamo innumerevoli volte al giorno (15).

In particolare il muscolo costrittore della faringe (nei sui tre fasci superiore, medio ed inferiore) prende intimi contatti con la fascia prevertebrale, in connessione diretta con il legamento longitudinale anteriore, influenzando così, durante la loro contrazione la meccanica cervicale (6).

Ne deriva così che “(…) la funzione muscolare ha importanza fondamentale per quello che riguarda lo sviluppo ed il mantenimento della forma del massiccio facciale (la funzione modella la forma).

Basta ricordare che le ossa ed i denti sono letteralmente immersi in un ambiente muscolare, che ne condiziona la funzione spaziale e l’accrescimento.

È intuibile che alterazioni della statica (tono muscolare) e della dinamica delle funzioni della masticazione, deglutizione e della fonazione si ripercuotano invariabilmente su quella che è la morfologia ossea e sull’allineamento dei denti nelle arcate (…)” (12).

Da ciò si deduce l’importanza di un perfetto equilibrio tra i muscoli cervico mandibolari, tra i quali spicca per importanza la lingua.” (…) Ciò viene messo in evidenza dalle anomalie di forma del palato e delle arcate dentarie che si riscontrano ogni qualvolta vi sia una lingua che non è in grado di svolgere la sua funzione in maniera corretta (…)” (12).

L’armonia della funzione è quindi il nostro unico scopo terapeutico.

Intervento multidisciplinare: una realtà possibile.

La collaborazione tra medico dentista e fisioterapista è nata dall’esigenza di non considerare il paziente come una bocca”. ma di considerare questa bocca come una struttura inserita in una persona che da anni ha una certa postura e un determinato atteggiamento comportamentale.

(…) In articoli precedenti ho cercato di precisare cosa sia per me la medicina: una sola; globale nel suo approccio con il malato; (…) imprescindibile dal dialogo amnestico e da un notevole livello di psicologia-umanità; capace di distinguere tra malato e malattia; consapevole dell’unicità del protocollo terapeutico
( L’indagine globale permette di individuare se eventuali disequilibri sono causa o conseguenza di una malocclusione; i primi vengono chiamati “ascendenti”, perché dovuti a distretti inferiori (bacino, ginocchio, piede); i secondi ‘discendenti”, perché dovuti spesso a malocclusione (8).

Avviene così una valutazione della persona. sia attraverso una indagine clinica, sia attraverso una serie di test atti a verificare la situazione posturale globale o della singola parte interessata (temporo-mandibolare, cervicale ecc.). I test possono essere: osservazione della postura (in posizione eretta e sdraiata), ispezione più attenta di eventuali assimmetrie presenti nella sfera occluso-cervico-craniale, osservazione della cinetica mandibolare e cervicale. Riveste fondamentale importanza diagnostica la palpazione sia dell’ATM che della colonna vertebrale e della tensione muscolare presente nei vari distretti. Lo specialista, indagata la natura dello squilibrio, deve poi verificare se il suo lavoro è in linea e in sintonia con la struttura e la funzionalità del paziente. Questo gli permetterà di avere, da un lato una migliore qualità del lavoro (lavoro fatto su “misura” per ogni paziente) e dall’altro una maggiore durata del lavoro nel tempo.

Negli ultimi anni inoltre a supporto dell’indagine clinica si sono affiancate una serie di indagini strumentali che completano ulteriormente l’analisi del paziente. Si tratta di strumenti estremamente sofisticati, (quali il chinesiografo, la pedana stabilometrica o elettromiografia di superficie) (9,13), che forniscono dati elaborati al computer, e quindi obiettivi. Dall’analisi e dall’interpretazione di questi dati, insieme all’esame posturale obiettivo, emerge un quadro completo degli eventuali squilibri presenti in un soggetto, ed in particolare quali di questi possono interferire sul lavoro dell’odontoiatra. La presenza del fisioterapista si esplica dunque sia nell’interpretazione dei dati insieme allo specialista, sia nell’intervento di riequilibrio dei disturbi presenti in quel soggetto.

 

Possibilità terapeutiche in ambito riabilitativo

Il primo autore che applicò tecniche fisioterapiche in problematiche ortodontiche fu M. Rocabado, che stabilì un protocollo terapeutico da applicare alle disfunzioni algiche cranio-cervico-mandibolari (10).

La moderna riabilitazione prevede oggi diverse tecniche con caratteristiche differenti tra loro:

  • metodi che utilizzano esercizi svolti attivamente dal paziente con l’assistenza del terapista: Rocabado, Kinesiterapia, terapia mio-funzionale (12);
  • metodi che prevedono un utilizzo completo ed armonico del corpo: Mèziéres, Rieducazione Posturale Globale (11) e Feldenkrais;
  • metodi che prevedono l’utilizzo di esercizi di stretching sia passivo che attivo: i pompaggi articolari (14), metodo Vincenzi (Stretching Multidirezionale) (16).

Merita un discorso a parte una nuova metodologia di lavoro da poco entrata nella cultura del fisioterapista che è l’Osteopatia.
Questa terapia manuale prevede infatti, oltre alle normali tecniche strutturali e fasciali, delle tecniche effettuate, sui cranio, di diagnosi e di terapia che ben si aggradano alla collaborazione con un odontoiatra. Questa caratteristica peculiare dell’ Osteopatia rappresenta indubbiamente una novità terapeutica molto interessante e meritevole di grossa attenzione.
A prescindere dalla metodologia usata lo scopo del tisioterapista è quello di rendere la struttura più funzionale possibile. “liberando” l’apparato cranio-cervico-mandibolare da tensioni che possono creare vizi posturali sia statici che dinamici. L’odontoiatra potrà così intervenire, sicuro che il lavoro non sarà influenzato da forze squilibranti extraocclusali, aumentando l’efficacia del trattamento e, dato non ultimo, rispettando al meglio l’atteggiamento posturale della persona.

 

Biografia

  1. Mountcastle V.B.: Trattato di Fisiologia Medica, Voi. 1 Piccin Editore Padova.
  2. Ricerca in Riabilitazione 1992 1: 8-10
  3. Ricerca in Riabilitazione 1992 2: 2-7
  4. Bairati A.: Trattato di anatomia umana, VoI. V Edizioni Minerva Medica.
  5. Ciancaglini R.: Rapporti tra patologia dell’ATM e turbe dell’equilibrio.
  6. Netter F.H.: Atlante di anatomia fisiopatologia e clinica, Vol. 6 Ciba Edizioni.
  7. Il Giornale dell’odontoiatra 1997 7: 2-3.
  8. Il Dentista Moderno 1996 4: 465-475
  9. Valentino B., Fabozzo A.: Studio E.M.G. dei muscoli paravertebrali e masticatori nella postura di soggetti in età evolutiva.
  10. Bassan L.: Il metodo Rocabado nell’analisi e cura delle disfunzioni aigiche cranio-cervicomandibolari. Il. Souchard P.E.: Il Campo Chiuso. Marrapese Editore.
  11. I.A.P.N.O.R.: Myofunctional therapy as an alternative or support to orthodontics 1996 1: 36-42.
  12. Ghiglione V., Garagiola U.. Mori P.: Ruolo dell’indagine eiettromiografica nella diagnosi e terapia ortognatodontica. DoctorOS. 6: 55-63, 1995.
  13. Bienfait M.: Il trattamento delle fasce. “Les Pompages”
  14. Netter F.H.: Atlante di anatomia umana.Ciba-Geigy Edizioni.
  15. Vincenzi M.: Bergna A.: Stretching Multidirezionale in Terapia Manuale, VoI. I Marrapese Editore.

T.JR. Andrea Manzotti